Alan Moore, noto per le sue opere come Watchmen e V per Vendetta, ha ancora una volta espresso la sua critica verso gli aspetti problematici del fandom, posizionandosi come voce di un pensiero evoluto e ponderato, che affonda le radici in motivazioni profonde, ben lontane da una polemica fine a se stessa. In un editoriale per il Guardian, Moore ricorda come, circa dieci anni fa, avanzò l'ipotesi che le file di adulti in attesa per i film di supereroi potessero essere un segno di un arresto emotivo, con implicazioni politiche e sociali inquietanti. All'epoca, la sua analisi fu ridicolizzata, ma gli sviluppi hanno rivelato una sorprendente capacità di anticipare le dinamiche sociali dietro certe dinamiche.
Questo passaggio segna un cambiamento sociale ampio, che ha reso il fandom in un fenomeno di massa, ma anche in una nicchia esclusiva. Un aspetto centrale nella riflessione di Moore è l'ascesa della dimensione economica, con l'aumento dei costi delle collane a fumetti che ha determinato una gentrificazione del medium. Quella che era una forma di intrattenimento popolare si è trasformata in un prodotto di nicchia destinato alla classe media benestante. Questo cambiamento ha alterato le aspettative e le dinamiche del fandom, creando nuove tensioni. La questione dell'invecchiamento del fandom, che ora ha un'età media intorno ai quarant'anni, è un altro tema delicato.
Alan Moore osserva che la nostalgia infantile si mescola con le pretese adulte, creando dinamiche conflittuali che attraversano vari settori della cultura pop, dai fumetti ai videogiochi fino al cinema. Il potere crescente del fandom è tale che oggi i vari lettori possono influenzare e talvolta cancellare, produzioni intere, ribaltando le tradizionali gerarchie tra creatori di comics e pubblico. Tale nuovo equilibrio, secondo Moore, rischia di sacrificare la creatività in nome del fan service, omologando la produzione culturale. Il parallelismo che Moore traccia tra il fanatismo del fandom e le politiche populiste contemporanee è tra le parti più provocatorie della sua analisi del fenomeno.
L'idea che le elezioni siano trattate come un reality, dove l'intrattenimento prevale sulla sostanza, indica preoccupanti analogie con le dinamiche di intrattenimento del pop. L’evoluzione dei comics di supereroi, che sono passati da ostacolo alla maturazione del medium a ceto dominante, simboleggia per Moore un infantilismo crescente tra i fan. Le reazioni aggressive online alle sue dichiarazioni non fanno che confermare la sua tesi, poiché l’incapacità di sostenere un dialogo di tipo critico senza ricorrere ad attacchi personali mostra quanto sia difficile affrontare certi temi della cultura pop moderna. Moore sottolinea anche come sia cambiato il rapporto pubblico/creatori di comics.
Questo ha portato alla spettacolarizzazione della figura dell’autore, trasformandolo in un oggetto di culto o di demolizione. Le implicazioni di queste gravi dinamiche sono profonde per l'industria del fumetto. Da un lato, l'economia del fandom tossico rischia di soffocare la creatività, dall'altro c'è la necessità di far evolvere il medium per soddisfare le nuove esigenze del pubblico. La sfida è quella di preservare l'energia del fandom senza cedere alle sue derive più assurde. Tale intervento di Moore offre uno spunto di riflessione necessario sul futuro della cultura pop, mettendo in discussione le dinamiche attuali tra creatori, industria e fan conseguenze disastrose per il futuro.
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