martedì 13 agosto 2024

Dylan Dog: il golpetto contro Gualdoni

Ci sono voluti 9 anni per rimuovere Roberto Recchioni da curatore di Dylan Dog, dopo una serie di flop e vendite in caduta libera. Quando fu nominato alla direzione della serie nel giugno 2013, si cercò di far passare la versione che era stato Sclavi a volere il fumettista romano ma poi venne fuori che nel contesto delle guerre interne all'editore milanese, Recchioni e la Barbato, si erano lamentati con Sclavi che i loro lavori non venivano accettati dall'allora curatore Gualdoni. Sclavi chiamò l'allora direttore Marcheselli per far sentire la sua voce e siccome le vendite della serie erano in caduta libera (non per colpa di Gualdoni, bensì per le responsabilità del medesimo Marcheselli che era stato curatore dal 1993 al 2010) fu facile attuare il "golpetto".

Gualdoni si comportò da elemento inserito in una catena di comando in cui lui era lontano dai vertici. Ebbe luogo una riunione segreta a casa di Sclavi, dove non venne invitato e alle sue spalle furono messe sul piatto una serie di idee per il rilancio dell'Indagatore dell'Incubo che poi si sarebbero rivelate disastrose. Ma allora parevano rivoluzionarie: si parlava del pensionamento di Bloch, dell'introduzione della tecnologia nelle storie, della rimozione delle tipiche espressione dylaniate e altre. Oggi sappiamo che nulla di quelle idee per vero strampalate ha funzionato, ma il "golpetto" andò avanti e così nel giro di qualche settimana, Gualdoni si ritrovò fuori dalla collana e Recchioni, che lui aveva sempre escluso, al suo posto con gli esiti che sappiamo.

Si diceva che Sclavi avrebbe voluto la Barbato come curatrice in quanto più esperta e collaudata rispetto a Recchioni che aveva lavorato solo su progetti "autoriali" e vendite di qualche migliaio di copie e spesso se ne usciva con posizioni provocatorie (si definiva fascista zen ma al tempo stesso vicino agli ideali della sinistra, poi disse che in Italia non c'era il partito che conteneva le sue idee). La gestione Recchioni fu un disastro e come lettori smettemmo di comprare Dylan Dog nel 2018. Ci è stato pure riferito da amici autori che la scelta di far sposare Dylan con Groucho in un matrimonio lgbt fu attuata per dimostrare che nelle nostre analisi prospettiche (un Dylan trasformato in baluardo di soggetti sessualmente deviati) avevamo visto giusto.

Ora Dylan è in mano a Barbara Baraldi, che di idee radical chic è piena, così non prevediamo di riprendere la lettura di Dylan Dog. In Bonelli poi si sono superati creando una sorta di vice-curatore nella persona del di lei marito, che non ha mai scritto un fumetto in vita sua (però anche la Baraldi non è del settore, avendo prodotto una manciata di storie sotto R. Recchioni). E la Baraldi com'è dal punto di vista della comunicazione? Leggendo quello che accade nel suo profilo, abbiamo rilevato che non siamo molto lontani da un modello per cui se si fanno lodi, ok, se si portano critiche iniziano le risposte piccate. Pertanto, tenetevi Dylan e tutti quelli che ci lavorano dentro e sotto. Noi lo mollammo nel 2018 e oggi abbiamo la conferma di aver fatto bene.

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