domenica 22 settembre 2024

La fine del rapporto tra Bunker e Magnus: verità rivelate

La fine del sodalizio tra Max Bunker (Luciano Secchi) e Magnus (Roberto Raviola) nel contesto del fumetto italiano è una storia di divergenze artistiche e tensioni personali, maturate in un periodo in cui il mondo del fumetto stava evolvendo e cercava nuove strade espressive. La loro collaborazione su Kriminal ha segnato un momento fondamentale, non solo per il fumetto nero (un genere che loro stessi contribuirono a creare), ma per la cultura popolare italiana degli anni '60-'70. Si può dire che la combinazione di Bunker e Magnus era, almeno all'inizio, un matrimonio idilliaco. M. Bunker, con il suo talento narrativo, sapeva costruire trame avvincenti, spesso cupe, ricche di cinismo e crudezza, che riflettevano i turbamenti di una società in rapida trasformazione. Dall’altro lato, Magnus era un disegnatore eccezionale, capace di tradurre in immagini una complessità visiva e psicologica che rendeva i personaggi più vivi e le ambientazioni più immersive colpendo parecchio il lettore.

La loro visione del fumetto, tuttavia, divergeva sotto vari aspetti. Bunker era un narratore di grande impatto, che si concentrava sulla costruzione della trama e sul mantenimento di un ritmo serrato. Le sue storie erano progettate per catturare il lettore, con colpi di scena, violenza, azione e intrighi che si sviluppavano in modo rapido ed efficace. Magnus aveva concezione più ampia e raffinata dell'arte sequenziale: non vedeva il fumetto come mezzo per narrare storie avvincenti, ma come una forma d’arte autonoma, in cui ogni singola vignetta doveva essere curata nel dettaglio. Magnus, da gran perfezionista, esplorava la profondità delle immagini, dava vita ad atmosfere complesse e più spazio all’introspezione dei personaggi. Il successo commerciale di Kriminal non fece che intensificare il ritmo di produzione. A metà degli anni '60, Kriminal usciva in edicola con cadenza settimanale, una mole di lavoro ernorme per Magnus, che impiegava giorni interi a completare una singola tavola.

Questo divenne rapidamente un punto di frizione. La serialità richiedeva costanza e velocità, due elementi difficili da conciliare con l'approccio meticoloso ed artistico di Magnus. Bunker, dal canto suo, gestiva il fumetto come un'impresa commerciale oltre che creativa: per lui era fondamentale rispettare le scadenze e mantenere il flusso continuo delle uscite per rispondere alla domanda del mercato. Magnus, pur essendo un fumettista prolifico, non riusciva a sostenere i ritmi forsennati che gli erano richiesti dall’industria e ciò lo portò a una crescente frustrazione. Voleva che il fumetto diventasse un'opera d'arte a sé, non solo un prodotto da consumare subito. Il conflitto tra l'esigenza di produrre in massa e il desiderio di realizzare qualcosa di più duraturo e complesso fu una delle principali cause della rottura. Magnus iniziava a sentirsi ingabbiato da un sistema che, a suo parere, limitava la sua espressività. Era evidente che il sistema in cui operava era divenuto troppo piccolo.

Un altro aspetto di rilievo che portò alla separazione era la differente visione artistica che andava maturando nei due creatori. Se all'inizio Bunker e Magnus condividevano una visione di ribellione contro le convenzioni, con il tempo emerse una crescente discrepanza negli approcci. Max Bunker, pur essendo innovativo, rimaneva ancorato a una visione del fumetto come mezzo popolare, con storie avvincenti che dovevano essere fruibili da un vasto pubblico. Magnus, al contrario, si sentiva sempre più attratto dall'idea del fumetto come arte concettuale e sperimentale. Questa evoluzione si manifestò in modo più evidente nelle opere successive di Magnus. In seguito alla separazione, Roberto Raviola intraprese una strada più autoriale, in cui la sperimentazione stilistica e narrativa diventò centrale. Magnus aveva ormai capito che per evolversi come artista doveva abbandonare il formato industriale della produzione settimanale e dedicarsi a progetti in cui potesse esprimersi.

La loro visione artistica si allontanò progressivamente. Bunker continuò a sfornare fumetti seriali di successo come Alan Ford, mantenendo un approccio narrativo popolare e accessibile. Magnus, invece, si dedicò a opere più adulte e complesse come Lo Sconosciuto e Le 110 Pillole, in cui esplorò nuove tematiche e sviluppò una narrazione più lenta, riflessiva, vicina alla letteratura e all'arte visiva di alto livello. Per comprendere di più il disagio crescente di Magnus, si deve considerare il modo in cui percepiva il proprio ruolo all'interno del mondo del fumetto. Magnus non si considerava semplicemente un artigiano che disegnava su commissione; si vedeva come un artista che aveva bisogno di esplorare nuove forme e nuovi linguaggi. La serialità rappresentava per lui una gabbia creativa, poiché non gli permetteva di sperimentare quanto avrebbe voluto. Questa frustrazione lo portò a intraprendere, a partire dalla fine degli anni '60, un cammino più personale.

Già durante gli ultimi anni di Kriminal, Magnus cominciò uno stile più stilizzato e complesso, che prefigurava il suo lavoro successivo. Il distacco progressivo da Bunker fu inevitabile: Magnus voleva storie meno lineari, personaggi più sfaccettati e ambientazioni più ricercate. In questo senso, la rottura fu anche il risultato di un percorso evolutivo naturale per un artista che sentiva il bisogno di superare i limiti del mezzo popolare. La frattura non fu solo una questione di dissapori personali o di divergenze sul piano pratico, ma implicava un mutamento grande nella visione artistica di Magnus, che ormai guardava a orizzonti diversi rispetto a quelli di Max Bunker. Dopo la rottura, entrambi gli artisti presero strade distinte e continuarono a contribuire in modo significativo alla cultura del fumetto italiano. Bunker continuò la sua carriera con successo, dimostrando straordinaria capacità di adattarsi ai gusti del pubblico e alle esigenze del mercato, almeno nei primissimi tempi.

Alan Ford, il suo progetto di maggiore successo post-Magnus, continuò per decenni, mantenendo lo spirito irriverente e ironico che aveva caratterizzato le sue opere precedenti. Anche se Magnus aveva lasciato la serie, il lavoro di Bunker proseguì con altri disegnatori, confermando il suo talento come creatore di personaggi e trame avvincenti. Magnus, invece, si dedicò a progetti più autoriali. Dopo aver abbandonato Kriminal e Alan Ford, iniziò a lavorare su opere come Lo Sconosciuto, un personaggio molto più complesso rispetto a quelli che aveva disegnato in precedenza. Questa serie, pubblicata a partire dal 1975, rifletteva una maturità artistica e narrativa che segna un distacco netto dal suo passato. Lo Sconosciuto esplora tematiche come il disincanto politico, la violenza, la solitudine e l'oscurità dell’animo umano, con uno stile visivo che diventava sempre più essenziale e raffinato. Lontano dalle convenzioni del fumetto popolare, Magnus trovò la libertà di sperimentare.

Magnus in seguito si dedicò anche a opere come Le 110 Pillole e Tex, quest'ultima una rivisitazione adulta e sontuosa del western italiano, che rappresenta uno dei suoi capolavori. La separazione tra Bunker e Magnus, pur dolorosa e segnata da conflitti, ha avuto il merito di aprire nuovi orizzonti per entrambi. Se da una parte Bunker ha continuato a produrre fumetti seriali che hanno mantenuto la loro influenza sulla cultura popolare nazionale, dall'altra Magnus ha spostato i confini del fumetto italiano verso nuovi territori artistici. Il loro lavoro comune su Kriminal rimane una pietra miliare, un’opera che ha cambiato il modo in cui il fumetto era percepito e ha aperto la strada a una nuova generazione di autori. Oggi, la collaborazione e la rottura tra Bunker e Magnus sono considerate parte integrante del fumetto italiano. Max Bunker non riconoscerà in nessuna circostanza che senza Magnus ciò che creava non era all'altezza di ciò che elaborava prima. Alla fine ha vinto Magnus.

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